IL VIAGGIO DI PAUL È COMINCIATO

Paul insieme agli operatori della Caritas

Nello scorso numero di Voce della Vallesina vi abbiamo presentato la storia di Paul, un ragazzo ghanese di 42 anni che abbiamo deciso di riaccompagnare nel suo Paese di origine perché possa ritrovare a pieno la sua dignità, nella sua terra, con la sua famiglia. Il suo viaggio di ritorno è iniziato proprio in questi giorni. Prima tappa: Ospedale di Torrette di Ancona. È lì che il personale sanitario si sta prendendo cura di lui per rimetterlo in sesto (purtroppo è parecchio debilitato dal punto di vista fisico); una volta terminate le cure, un aereo lo aspetta a Roma, ma non sarà solo: il nostro direttore Marco D’Aurizio, insieme agli operatori Gabriele Galdelli e Maria Laura Berti lo accompagneranno. È il modo più bello per stargliaccanto nel riabbracciare la sua famiglia dopo tanti anni, per spiegare loro che il fallimento del viaggio migratorio non è il fallimento di Paul, ma che ora ha bisogno quanto mai di essere i-accolto dai suoi cari. Inoltre, sarà l’occasione per conoscere di persona i responsabili di Caritas Ghana condividere con loro un percorso di sostegno. Il Vescovo locale, della diocesi di Techiman, si è reso disponibile ad ospitare i nostri delegati, segno di un’appartenenza che va ben oltre i confini nazionali e che vuole piuttosto rispondere alla chiamata di Papa Francesco, quando con tanto fervore parla di una “grande famiglia umana”.

Ovviamente Caritas non è sola nell’affrontare quest’avventura: i servizi sociali, il Comune, l’ambasciata e il dipartimento dipendenze sono coattori insieme ad alcune parrocchie che ci hanno ospitato per portare una testimonianza, insieme ad alcune persone che hanno ascoltato questa storia e hanno sentito di farne parte in qualche modo; magari perché lo hanno visto qualche volta per strada e sanno che prima o poi sarebbe morto come tanti “barboni”, senza nessuno, solo con Dio, lontano da casa. Questa volta no, non sarà come tutte le altre volte, perché stavolta potremo dire che qualcuno “si prese cura di lui”.

È possibile sostenere l’iniziativa utilizzando il conto:

BPER Banca IBAN:

Fondazione Centro Servizi Caritas Jesina

IT 18A 05387 21296 0000 4291

2448 – Causale “Paul torna a casa”.

PAPA FRANCESCO IN MONGOLIA: UNA GRANDE TERRA, UN PICCOLO POPOLO

Papa Franceso in Mongolia. Foto ANSA

Sono i piccoli a dare il benvenuto in Mongolia a Papa Francesco durante il suo 43° viaggio, accoglienza festosa con canti e balli; prima ricevuto dal ministro degli esteri. È il primo Papa a fare visita in questo paese di soli 1500 cattolici in oltre 3 milioni di abitanti. “Un popolo piccolo in una terra grande” – ha detto il sommo pontefice ai giornalisti. Il Paese confina con la Russia e la Cina. Mentre attraversa lo spazio aereo cinese e in rotta verso la Mongolia il papa invia gli auguri di buon auspicio a Sua Eccellenza e al popolo cinese. “Assicurandovi la mia preghiera per il benessere della Nazione, invoco su tutti voi le benedizioni divine dell’unità e della pace”. È il testo del telegramma inviato da papa Francesco, durante il suo volo, al presidente cinese Xi Jinping. In risposta, il portavoce del ministero degli Estri cinese, Wang Wenbin, ha detto che Pechino vuole rafforzare la fiducia reciproca con il Vaticano. L’auto con papa Francesco si dirige nel distretto di Khan Uul, tra le principali aree industriali della regione. Domani mattina, 2 settembre, nella piazza Sukhbaatar davanti al Palazzo di Stato si terrà il suo primo appuntamento pubblico con l’incontro delle autorità civili. La visita terminerà il 4 settembre; giornata in cui abbraccerà il popolo. Credo che ci farà bene capire questo silenzio così grande – ha affermato – Ci aiuti a capire cosa significa, non con l’intelligenza, ma con i sensi della Mongolia».

CONCENTRARSI SULL’ESSERE UMANO: GLI OCCHI CHE SI INCROCIANO

La nave ong Humanity 1 arrivata ad Ancona con 106 migranti

ONG SOS UMANITY

Ancona, 11 luglio 2023. A bordo della Humanity1 arrivano 199 persone, di queste 65 sono minori.

Ancona, 16 agosto 2023. A bordo della Humanity1 arrivano 106 persone, di queste 29 sono minori.

 

Burkina Faso, Mali, Niger, Camerun, Guinea, Costa d’Avorio, Ghana, Sud Sudan, Sudan, Pakistan, India.

Che se ne parli con toni compassionevoli o agguerriti, al notiziario, al talkshow con politici e politicanti, al bar sproloquiando tra amici, tutti hanno la propria verità da vendere sul tema immigrazione. Ahimè tutto il discorso si riduce a “ma quanti ne sono sbarcati? Erano di più o di meno con il governo precedente?”; quanti, non chi; quanti, non come. Il chi e il come interessa però a chi si trova faccia a faccia con la realtà. Che si tratti di un medico, di un operatore Caritas, di un agente di polizia o di qualsiasi altro addetto ai lavori, durante uno sbarco è impossibile non concentrarsi sull’essere umano che si ha davanti. 

Operatori Caritas Diocesana in una foto di gruppo

È un atto di coraggio perdersi negli occhi dell’altra persona. Gli occhi nei quali ci siamo persi l’11 luglio e il 16 agosto erano occhi di bambini che brillavano in qualche istante di gioco, ma che venivano poi sopraffatti dal sonno.

Un’ operatrice Caritas si prende cura di un bambino

Erano occhi di mamme, giovanissime, che si guardavano attorno per capire se i loro figli fossero finalmente al sicuro o meno. Erano occhi di ragazzi, poco più che bambini, che fissando il vuoto davanti ad essi, cercavano con lo sguardo un genitore ormai lontano, rimasto nella terra natia. Erano occhi di uomini seri, concentrati, spaventati non più dalle onde, dai trafficanti, dalle sofferenze, ma dalla sensazione di non poter mai riuscire a far parte del nuovo mondo nel quale erano arrivati. Erano gli occhi di chi è pronto al sacrificio, per la propria famiglia ancor prima che per sé. Né santi, né mostri. Né eroi, né invasori. I loro occhi e i nostri occhi per dirsi in una lingua universale ti riconosco come fratello, come sorella, porto nel mio un po’ del tuo dolore.

Gabriele Galdelli