Accogliamo chi scappa dalla guerra

A Jesi sono arrivate le prime famiglie ucraine in fuga, almeno un’altra decina sono in arrivo ed è confortante poter constatare la risposta della nostra città: di fronte al dramma che si sta consumando alle porte dell’Europa, il nostro popolo risponde Sì all’accoglienza. Sta accadendo in tutta Italia e così anche da noi. Una risposta che stride contro l’eco delle bombe e speriamo che nel tempo possa fare più rumore e riesca a dar vita a un’ondata di pace. Potrà sembrare impossibile o un’utopia, ma è proprio dai gesti concreti che nascono i cambiamenti importanti. C’è bisogno di “costruire ponti” ci suggerisce spesso il Papa. Allora diciamocelo chiaro e tondo: facciamo la pace, a modo nostro, condividendo, accogliendo e consolando. Da quando abbiamo aperto il numero di Emergenza per l’Ucraina (328/7125996), moltissima gente ha chiamato per dare la propria adesione. In cinque giorni ben 27 famiglie hanno offerto la disponibilità ad accogliere, 20 volontari hanno risposto all’appello e sono arrivate le prime donazioni (peraltro deducibili dalla dichiarazione dei redditi) che saranno utilizzate proprio per sostenere le accoglienze.

All’indomani dello scenario bellico la Caritas, in coordinamento con le istituzioni locali ha iniziato a raccogliere le richieste di accoglienza, che spesso arrivano attraverso signore ucraine già presenti sul nostro territorio. Dopo una prima fase di accoglienza cerchiamo di seguirle per la richiesta di asilo politico, orientando tra Questura, Prefettura e Commissariato ai fini del riconoscimento; in seguito cerchiamo di indirizzare anche dal punto di vista sanitario (a livello generale e per le procedure di prevenzione e tutela dal Covid-19; infine sosteniamo anche le famiglie che decidono di accogliere, fornendo alimenti e indumenti. Il tavolo di coordinamento a cui partecipa Caritas comprende il Comune di Jesi, Asp9, la Croce Rossa, Asp9, Asur-dipartimento prevenzione e la Comunità Ucraina delle Marche.

Emergenza Ucraina

La nostra Caritas diocesana si mette all’opera per dare una risposta all’emergenza umanitaria in Ucraina.

Vi informiamo che è possibile contribuire alla raccolta fondi per sostenere la popolazione colpita dalla guerra, attraverso un bonifico intestato a Fondazione Centro Servizi Caritas Jesina Padre Oscar – ONLUS, BPER Banca, IBAN: IT 18A 05387 21296 0000 4291 2448, indicando come causale “Emergenza Ucraina”.

Chi desiderasse avere informazioni più dettagliate, mettere a disposizione un alloggio o semplicemente rendersi disponibile come volontario, può contattarci al numero 3287125996 che sarà attivo dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.00; oppure inviare una mail a info@caritasjesi.it specificando nell’oggetto “Emergenza Ucraina”.

I nostri operatori sono costantemente in contatto con Caritas Italiana al fine di coordinare al meglio l’invio di aiuti e l’accoglienza dei profughi. Vi invitiamo a continuare a seguirci per eventuali aggiornamenti.

Caritas Jesi aderisce alla Giornata del Farmaco

Dall’8 al 14 di febbraio nelle farmacie convenzionate del territorio sarà possibile aderire alla grande raccolta di farmaci da banco in favore di persone in difficoltà economica. Anche i volontari dell’ambulatorio della Caritas di Jesi saranno presenti nella giornata del 12 febbraio presso due delle farmacie aderenti all’iniziativa: Lucarelli a Moie e Falaschi a Castelbellino. Per capire meglio di cosa si tratta ne abbiamo parlato con Martina Zitti, trentatreenne jesina, di professione farmacista e volontaria Caritas. “Non si tratta di una semplice raccolta – ci ha spiegato Martina con tutto il suo entusiasmo – perché fa parte di un percorso che mira non solo ad ampliare il raggio della solidarietà, ma anche a cambiare la nostra abitudine allo spreco: infatti, donare un farmaco a chi non se lo può permettere è solo la prima azione, ma possiamo fare di più. Non dobbiamo limitarci ad aiutare “solo” chi ci sta vicino, ma anche i poveri del terzo mondo, che non hanno accesso ad alcun tipo di medicinale”. A pensarci bene ci sono migliaia di medicine inutilizzate (e non scadute) di cui non abbiamo bisogno, ma che potrebbero servire a qualcuno. Quindi partecipare a questa gara solidale è facile: nel corso di questa settimana ogni cittadino può recarsi in farmacia, acquistare e donare.

Grazie al progetto SAFE continua la lotta contro la povertà sanitaria

Martina ci ha spiegato inoltre che a novembre 2021 la Fondazione Caritas Jesina ha sottoscritto una convenzione con il Banco Farmaceutico che ha permesso di aderire alla giornata di raccolta e distribuire i farmaci alle persone in stato di bisogno che si rivolgono al Centro di ascolto della Caritas. Ma è solo una delle azioni che lei promuove insieme al dottor Emilio Amadio e i suoi collaboratori volontari dell’Ambulatorio solidale (che svolgono diverse professioni sanitarie). Infatti, nella sede di viale Giovanni XXIII, la Fondazione Caritas si sta attivando per realizzare un vero e proprio armadio farmaceutico. La creazione di questo servizio sarà realizzato nell’ambito del progetto SAFE di cui Banco Farmaceutico è partner e che persegue l’obiettivo di favorire l’inclusione sanitaria oltre che lavorativa delle persone più fragili. Uno degli aspetti innovativi di questo progetto è che si sta realizzando non solo a Jesi, ma in più di altre 20 realtà sparse su tutto il territorio nazionale, dal Trentino Alto-Adige alla Sicilia. Questo consente di sentirsi sempre più uniti e in rete, con il cuore vicino ai poveri della nostra città, ma con lo sguardo aperto alla condivisione di processi sempre più innovativi e inclusivi. (per saperne di più visitate il sito: www.progetto-safe.it)

CARO PAPA FRANCESCO

Don Alberto scrive al Papa sulla vicenda Caterpillar

Caro PAPA FRANCESCO,

sono don Alberto Balducci, parroco di una parrocchia della diocesi di Jesi, provincia di Ancona, regione Marche. Accompagno nell’udienza del 19 gennaio un mio caro confratello nel sacerdoziodon Maurizio Fileni, oltre al nostro Vescovo, mons. Gerardo Rocconi, e prendo così spunto per scrivere su un problema che sta a cuore a tutta la nostra zona e alla nostra gente, traendo ispirazione dal messaggio della scorsa udienza del 12 gennaio, in cui, parlando di San Giuseppe, hai trattato dell’importanza e della dignità del lavoro, come anche del dramma del perderlo e del non poterlo trovare.

 

Sono stati fatti incontri di riflessione in eventi pubblici per portare alla luce la loro rabbia, delusione, paura. Lo stabilimento da chiudere presentava bilanci sempre in attivo, offriva una riconosciuta ottima qualità di prodotto, i suoi operai sono sempre stati lodati per la loro serietà e capacità lavorativa da quella stessa azienda che ora vuole chiudere la fabbrica perché delocalizzare in Messico e in Cina le farebbe risparmiare sulla minore entità di stipendi da sborsare.

Quindi è forte il senso di massima insicurezzanon si può stare tranquilli nemmeno quando l’attività lavorativa sta andando bene sia a livello di produzione che di profitto. E tutto accade senza nessun preavviso. A causa della logica del profitto a senso unico che guida la mentalità delle multinazionali.

Caro Papa Francesco, lo sconcerto e la paura nella nostra zona sono davvero forti. Si sta operando per tenere almeno desta l’attenzione sul problema

Il giorno 21 gennaio una delegazione della fabbrica sarà ricevuta a Roma dal Ministero dello Sviluppo Economico per un tavolo di trattativa.

La sera dello stesso giorno nella Cattedrale di Jesi si farà un incontro di riflessione sull’importanza e la dignità del lavoro in cui prenderanno la parola anche alcuni operai di questa fabbrica. In questa occasione saranno presenti, oltre al nostro Vescovo, anche quello di Senigallia, mons. Franco Manenti, e quello di Ancona, mons. Angelo Spina, perché parte degli operai in questione abitano nelle loro diocesi.

Caro Papa Francesco, ti scrivo per renderti partecipe di questa nostra situazione che sarà ancora più grave se non si riuscirà a sbloccarla entro il 24 febbraio prossimo, data in cui i licenziamenti diventeranno effettivi

Una piccola speranza è suscitata dall’interesse finora mostrato da un imprenditore della Lombardia a rilevare l’intera attività, ma tutt’ora le preoccupazioni e le incognite sono molto più grandi delle nostre speranze. La non soluzione di un problema del genere può infatti avere conseguenze negative inimmaginabili per il lavoro e la stabilità sociale di un’intera vasta comunità già messa a dura prova sia dalla crisi che dalla pandemia

Così ho voluto scrivere a te questa lettera, facendomi portavoce anche di altri confratelli, rivolgendomi al tuo cuore di padre e di pastore, oltre che di amico e di fratello maggiore nella fede, perché tu possa accendere nei nostri cuori una speranza.

Un caro saluto e un forte abbraccio!

Don Alberto Balducci